In questo cortometraggio, l’ultimo di una trilogia dedicata a fatti dimenticati della storia, l’artista israeliano torna ad interrogarsi su come abbia origine il processo di memorizzazione personale e collettivo, e su come esso attraversi lo spazio e il tempo, trascendendolo. White City è costruito intorno alla complessa personalità di uno dei padri fondatori del pensiero sionista, Arthur Ruppin (1876-1943), promotore della pacifica convivenza tra la popolazione ebraica e quella palestinese in Medio Oriente prima della nascita dello stato di Israele.
Il suo interesse per la scienza della razza spiega il motivo della visita che fece negli anni ’30 all’antropologo tedesco Hans F.K. Gunther, sostenitore dell’eugenetica, che più tardi verrà riconosciuto aver avuto grande influenza sul pensiero razziale nazista. Con la sua consueta manipolazione controllata del materiale storico, Dani Gal compenetra passato e presente, immaginazione e realtà.
Il film vede Ruppin con Gunther discutere sui temi della razza, della politica e della cultura e sullecondizioni e obbiettivi dei rispettivi popoli. A fare da sfondo è il Weissenhof Estate, quartiere di Stoccarda celebre per il suo stile architettonico modernista. I monologhi e i dialoghi riportati sono basati principalmente sui diari di Ruppin.