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Unseen Skies

di Yaara Bou Melhem
USA, Australia 2021, 98”
Presentato alla 15° edizione dello Schermo dell’arte, 2022
Sceneggiatura: Yara Bou Melhem
Fotografia: Tom Bannigan
Montaggio: Francisco Forbes

Musica: Helena Czajka
Suono: Richard Boxhall, Tom Schon, Christopher Jones, Ryan Agostino, John Smetana
Produttori: Ivan O’Mahoney, Yaara Bou Melhem
Di formazione geografo e fotografo, l’artista americano Trevor Paglen (Camp Springs, 1974) è conosciuto internazionalmente per le sue ricerche che mettono l’accento sulla opacità delle strutture di potere e delle tecnologie di sorveglianza che plasmano, impattano e definiscono sempre più il quadro quotidiano delle nostre vite. In Unseen Skies l’artista ci invita a rivolgere lo sguardo al cielo per interrogarci su come negli ultimi decenni lo spazio intorno alla Terra si sia convertito in campo di battaglia dove forze in opposizione si sfidano e si controllano a vicenda. Il documentario si concentra in particolar modo su Orbital Reflector, un progetto nato dalla collaborazione tra l’artista e il Nevada Museum of Art. Orbital Reflector è una scultura di 30 metri costruita con un materiale leggero e riflettente che, alloggiata in una piccola infrastruttura simile a un mattone, una volta in orbita si sarebbe dovuta aprire e gonfiare come un palloncino. Tuttavia, poco dopo il lancio avvenuto il 3 dicembre del 2018 a bordo di un razzo di SpaceX, i contatti con il satellite vennero interrotti a causa dello shutdown voluto da Trump. Kazimir Malevich è stato il primo artista a immaginare l’arte nello spazio. In linea con queste prime ricerche, Trevor Paglen rimette al centro della discussione il ruolo che potrebbe assumere nel prossimo futuro l’esplorazione e la scoperta dell’universo.
Yaara Bou Melhem (Sidney, Australia) è una giornalista e filmmaker. Ha vinto due Media Peace Award, due New York Film & Television Festival Awards, ll’Hong Kong Human Rights Press Award e cinque Walkley Award. Nel 2019 è stata nominata giornalista australiana freelance dell’anno. Unseen Skies è il suo primo lungometraggio.