Alcune giovani ragazze giacciono addormentate all’interno del complesso architettonico della Casa del Fascio di Terragni a Como, uno dei più importanti esempi di architettura fascista degli anni Trenta. La luce di un flash illumina lo spazio circostantefacendo apparire le immagini per un attimo,poi si spenge e le rigetta nell’ oscurità. L’edificio è occupato da alcune inquietanti figure animate in CGI che si aggirano intorno alle ragazze. Queste presenze sono intente in attività misteriose che non sono mai comprensibili allo spettatore, visibili soltanto nei brevi momenti in cui l’immagine viene rivelata dalla luce del flash.
I lunghi momenti di buio sono accompagnati da suoni misteriosi: passi pesanti, corpi trascinati a terra, tonfi sordi, echi rimbombanti nelle grandi sale e nei lunghi corridoi. Questo lavoro di Diego Marcon è uno strano ibrido tra due generi molto diversi, il film strutturale e quello horror, un’opera che circoscrive un luogo di ambiguità, promiscuità e terrore puro, sfruttando l’estetica moderna e alienante del luogo e il contrasto tra i due formati utilizzati dal regista, il 35 mm e l’animazione digitale. Il film rivela subito la sua struttura ripetitiva, creando un senso di aspettativa costantemente deluso, in un’atmosfera sospesa tra un continuo senso di allerta e un potenziale narrativo che resta volutamente inespresso.