L’autrice racconta con grande sensibilità una delle figure più influenti e riservate del panorama dell’arte contemporanea italiana e internazionale, il pittore e scultore Ettore Spalletti. Nato nel 1940 a Cappelle sul Tavo, in provincia di Pescara, dove ha vissuto fino alla sua morte nel 2019, Spalletti parla della propria arte davanti alla macchina da presa affrontando i temi dell’atto creativo, della sua passione per la pittura e la scultura, del fascino che nutre per la tradizione, del rapporto con il suo studio e le sue opere. Il film si snoda così tra il suo racconto e quello di alcune persone a lui vicine, tra le quali la moglie Patrizia Leonelli Spalletti, la gallerista Benedetta Spalletti, sua nipote, la sua assistente personale Azzurra Ricci, la gallerista Lia Rumma, il curatore Germano Celant. Il film svela la figura di un artista lontano dai clamori del mainstream dell’arte internazionale, le cui opere nascono in stretta connessione con i luoghi della sua vita e con la storia, le forme e i colori del paesaggio abruzzese che lo circonda, quali ad esempio i pascoli dell’altopiano di Campo Imperatore e le antiche abbazie benedettine della regione, come la straordinaria San Clemente a Castiglione di Casauria. Da sempre Spalletti è stato affascinato dalla loro essenzialità e semplicità, dalla luce, dall’atmosfera accogliente che vi si respira. Che si tratti di un dipinto, di una scultura o di un’installazione, la sua opera si nutre del culto della bellezza intesa quale perfetta misura rinascimentale dello spazio-colore, del bisogno di essere accogliente, sacra e spirituale, del rapporto con l’ambiente circostanti. “Ma sai una cosa?” afferma seduto nel suo studio: “l’arte non ha bisogno dell’intelligenza, del racconto intelligente. Si libera di tutto per trovare il proprio dono”. All’indomani della scomparsa di questo meraviglioso maestro, il film è una testimonianza preziosissima della sua arte di spirito e luce.