Premiata nel 2011 con il prestigioso Hasselblad International Award in Photography, alla Biennale di Venezia del 2007 Sophie Calle ha emozionato il pubblico con l’installazione “Take care of yourself”, con protagoniste 107 donne (tra loro Laurie Anderson, Jeanne Moreau e Luciana Littizzetto) che hanno letto e interpretato la lettera di addio ricevuta dall’artista tramite email dal suo amato. La missiva elettronica si chiudeva con la frase che ha dato il titolo all’opera. Questa vicenda personale di abbandono e di dolore è diventata un libro e una mostra itinerante, che ha viaggiato per il mondo raggiungendo di recente lo Stavanger Art Museum in Norvegia.
Per la realizzazione di questo ritratto (che fa parte di una collana di documentari intitolata Empreintes), l’intrigante artista francese ha usato nuovamente la formula della lettera, per invitare la regista a seguire alcune regole – come in un gioco – permettendole di accedere alla sua casa, ai suoi archivi e al suo computer personale, per trovare le tracce di vita e di lavoro con cui comporre il racconto filmato della sua storia. Il documentario si apre e si chiude con le immagini di un cimitero della California. In questo scenario, legato alla nascita di alcune delle sue prime opere fotografiche, seguiamo Calle predisporre il suo ultimo rituale. “The happy things, I just live them” – dichiara la stessa nel film – “The sad ones, I use.”