Attraverso un dialogo immaginario tra il regista e il personaggio della nonna Cesira, Ughetto ci racconta una storia che racchiude in sé il tema dell’emigrazione, del duro lavoro, della povertà, costruendo un racconto universale nonostante le distinte coordinate storico-geografiche. Grazie all’utilizzo della tecnica d’animazione stop-motion, Ughetto ci dimostra quanto ancora oggi sia importante l’artigianalità, come lui stesso afferma: “(l’animazione stop-motion) permette di esplicitare quella che è l’importanza del lavoro manuale. Mio nonno era un grande bricolere, faceva tante cose con le mani, era bravissimo; è una capacità, un talento che ha trasmesso a mio padre e lui a me. Ho cercato di raccontarlo in questo film da una generazione all’altra”. Alla realizzazione del film hanno partecipato le maestranze di numerosi paesi tra cui il Portogallo, Svizzera e Italia. La “mano” stessa di Ughetto (che compare più volte nel corso del film) rappresenta il filo conduttore che, a detta del regista, indica il profondo senso di rispetto nei confronti della sua famiglia e delle sue umili origini, permettendogli di avere un collegamento con i suoi antenati e un dialogo diretto con la nonna, come accade in tutte le favole che si rispettino.
«Mio padre mi raccontava di un paesino in Italia in cui tutti portavano il nostro cognome. Questa storia mi aveva sempre intrigato fin da bambino ma poiché né io né mio padre parlavamo italiano, era rimasta da parte. Poi quando lui è morto ho voluto recuperare le fila e mi ha incuriosito scoprire di Ughettera in Piemonte, cioè la “Terra degli Ughetto”, e venire a conoscenza della storia dei miei nonni, di quando si trasferirono in Francia…» – Alain Ughetto