24 Frames è stato per Abbas Kiarostami una vera e propria sfida: quella di creare un dialogo tra il suo lavoro di filmmaker e quello di fotografo col fine di unire in un’unica opera i due linguaggi artistici ai quali ha dedicato la vita.
Cosa succede prima e dopo che una foto viene scattata? Per rispondere a tale domanda, Kiarostami seleziona 20 tra le sue fotografie che poi anima e compone in specifiche scene utilizzando strumenti digitali, inserti 3D e green screens in modo da ‘resuscitare’ le immagini del passato, cercando di riscoprire le emozioni provate al momento dello scatto. Il film è composto da 24 inquadrature di circa 4 minuti, che riflettono lo sguardo poetico ed estetico del regista.
Nel primo di questi frames, Kiarostami illustra il proprio metodo applicandolo al celebre dipinto Cacciatori nella neve di Peter Breughel: il quadro prende improvvisamente vita, il fumo comincia ad uscire da un comignolo, i corvi iniziano a gracchiare nel paesaggio invernale. Per gli altri frames utilizza invece suoi lavori fotografici dove rappresenta gruppi di turisti ammirati davanti alla Tour Eiffel illuminata, cavalli che corrono su campi innevati, mucche che passeggiano sulla riva del mare, leoni che copulano sotto la pioggia, greggi che pascolano nella neve.
Melanconico e gioioso, 24 Frames è una meditazione sul passaggio del tempo e sulla fragilità dell’esistenza, temi che sono stati sempre centrali nel cinema di Kiarostami.
Realizzato in tre anni di lavoro con una équipe di tecnici iraniani, e l’ultima opera del regista scomparso a Parigi all’eta di 76 anni il 4 luglio 2016: un capolavoro di uno dei maestri del cinema contemporaneo.